La concia del coniglio

La concia del coniglio è la prima raccolta di storie a fumetti pubblicata da Francesco Moretti, in arte Moro e raccoglie quattro opere brevi, il cui nucleo centrale sono due storie strettamente collegate in un continuum. Mr. Varis è la cronaca degli ultimi istanti di vita di un coniglio attraverso i suoi pensieri, che diventano una metafora dell’esistenza umana, e nelle tavole finali sembra ammiccare a certe dottrine orientali sul ciclo di reincarnazione/purificazione delle anime. Il ronzio finale di una mosca che svolazza prepara il terreno a Cibo per mosche, storia di un gruppo di giovani outsider sullo sfondo di un paesaggio suburbano e post industriale che è il vero e proprio protagonista silenzioso del racconto, apparendo e scomparendo nella narrazione degli eventi e stagliandosi spesso in tutto il suo decadente e malinconico fascino nelle grandi tavole a due pagine utilizzate da Moro. E con frequenza nelle visuali post industriali e nelle pagine si insinuano nugoli di mosche e altri insetti che sembrano quasi premere per uscire dalla pagina spiccando il volo dal foglio. Altre volte la narrazione è intervallata da pagine bianche che simboleggiano il rumore di fondo della solitudine suburbana e sono metafora di incomunicabilità: i giovani outsider alla ricerca della bellezza e del fascino arcano della periferia degradata a uno sguardo ravvicinato si rivelano molto meno eroici e immacolati, e la loro stessa aggregazione si rivela minata da segreti scomodi e difficoltà comunicative. Il successivo racconto Dall’impero riprende i personaggi della storia precedente e altri solo menzionati o appena intravisti, mostrandoci in modo ancora più impietoso il fallimento delle interazioni di questo eterogeneo gruppo che ruota attorno a un bislacco chitarrista affetto dal mal di vivere, il quale vede crollare la facciata delle sue relazioni socio-affettive come un impero caduto nella barbarie. La pantera, l’ultima storia, nonché quella che segue uno stile narrativo più convenzionale, è una sorta di noir rurale ambientato nelle campagne pugliesi su cui si innesta l’elemento surreale e quasi folcloristico di una fantomatica pantera che scorrazza nella zona.

Personalmente l’aspetto che ho trovato più interessante di questa raccolta a fumetti è lo stile grafico/narrativo. Moro rompe allegramente qualsiasi tradizionale schema della tavola: troviamo spesso illustrazioni che occupano due pagine con o senza accompagnamento testuale e altrove la frammentazione della tavola in sequenze di piccoli disegni, che come una sequenza di fotogrammi spezzettano l’azione muta di un singolo soggetto. Spesso le sequenze di dialogo e azione si preferisce renderle con un accostamento di singoli dettagli infinitesimali della scena d’insieme. Questi aspetti e altri suggeriscono un rimando a media narrativi diversi seppur affini in qualche modo al fumetto, come il linguaggio della fotografia e delle immagini in movimento. In altri momenti la narrazione viene spezzettata da sciami di mosche che invadono le pagine intervallando scene e parole, e altre volte ancora dalla pagina bianca che riecheggia l’onnipresente e abbacinante rumore di fondo che contrappunta le storie. Lo stile grafico di Moro si muove tra una stilizzazione comunque non priva di dettagli e momenti in cui le figure si trasformano in contrasti di bianco e nero.

La Concia del Coniglio è disponibile sia in edizione cartacea che in formato e-book, personalmente, se la recensione vi ha incuriosito e volete acquistarlo vi consiglio la versione cartacea, dimensione secondo me più idonea per dare fisicità a queste illustrazioni che spesso e volentieri rompono ogni struttura tradizionale di tavola fumettistica e rendono appieno la tridimensionalità e multisensorialità che queste storie aspirano a trasmettere al lettore.

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