Persephonìa – a post punk story –

Più reali diventano le cose, più somigliano ai miti.”–
Rainer Werner Fassbinder –

 

Alligatori nelle fogne. Sirene tutto il tempo. Andiamo di fretta, noi, e lèvati. È la Città che non dorme mai, babe. Funziona così. Start spreading the news…
Sono cazzate.
Ecco la verità.
Semplici cazzate per turisti.
Chiunque abbia trascorso almeno settantadue ore quaggiù lo sa bene.
A forza di after nessuna metropoli sul pianeta durerebbe tre giorni senza fulminarsi, e la Grande Mela non fa eccezione, anche se quella feccia di strippati a coca e Valium che ci vive dentro adora darsi un tono e campare di leggende spicciole.
Ma a un certo punto Sinatra sfuma, sapete, e poi arriva sempre la realtà.
Persino qui.
Una gran vagonata di miseria, kemosabes, più puntuale della sotterranea e salata come una cena da Delmonico il venerdì sera. La realtà dei tanti Jack, Joe e Jill che marci di lavoro fanno i pendolari dalle otto alle sette, con le loro scarpe vagabonde,
mentre provano a diventare i pezzi grossi, i re della collina; un limbo dove la Lex è deserta, la Borsa riattacca i telefoni e Manhattan piomba finalmente in coma.
Ora da certi angoli cinguettano sommessi patois. Taxi dalle occhiaie gialligne
scrutano Powell Boulevard a caccia dell’ultima corsa e dal fiume, nel frattempo, un’umida brezza spira verso Broadway. C’è la pace dei giusti, una vera benedizione.
Così, trapassate le foschie di lascivia e Quaalude che ancora infestano la Cinquantaquattresima Ovest, la Notte è pronta per il tango.
Canal Street è una milonga. E sul turbinio delle spazzatrici già vortica uno strascico di sogni.
Mentre fra Seward Park e la Bowery bruiva l’eco di quegli scarabei meccanici, Riff guardò il suo Daytona nuovo di zecca. Le due erano diventate le due e mezzo.
Devo parlarti – aveva biascicato Leandro al telefono – è urgente.
E figuriamoci.
Coi portoricani è urgente ogni volta, ma se sul piatto non servono sconti o sussidi quelli neanche ci provano ad arrivare in orario. Sarà sempre colpa della mala suerte.
Mi abuela s’está muriendo. Non ho trovato parcheggio. Mira, c’era traffico.
Quando alle tre una zoppia di tonfi ovattati rimbombò lungo la scala che portava dabbasso, nello studio, Riff sollevò gli occhi dal Journal e attese. Già la sentiva, però, già sentiva la lingua dell’amico che accampava l’ennesima scusa da due soldi.
«Alla buonora, Cristo.» gli sibilò, vedendoselo scendere gli ultimi gradini a passo di bradipo «Fossi venuto a nuoto da Staten Island avrei fatto comunque prima di te.»
«Oye, non rompere le palle, eh? Me serviva un cafè.»
«Lo vedo. Hai ancora un po’ di zucchero sul…»
Leandro si ripulì la bamba dalle narici e sniffò l’aria.
«Coño, ma tu la senti ‘sta puzza de cane lesso?»
«È il rendang.» svelò Riff «Ezra ha ordinato di nuovo dal filippino all’angolo.»
«Che? Ezra è qui?»
«Da un po’.»
«E te pesava el culo de avertirme, chingado
«L’ho fatto, señor stronzo, ma eri già volato a raglie. Rispondeva la segreteria.»
Allora Leandro gettò uno sguardo verso l’ufficio a destra della sala registrazioni.
La targa sulla porta recitava privato a caratteri scarlatti.
«È dentro?» chiese.
Riff annuì.
«Bene, así no hay problema.»
«Perché… Hai problemi col vecchio, tu?»
«Abbiamo, secondo me.»
«Parla per te, guapo. Io sono a posto.»
«Mira» la voce di Leandro s’affievolì, scivolando nei grigi mormorii di chi non aveva mai abbandonato certe scorciatoie da palazzone «non te pare che il rabbino está tomando un po’ troppo? Cioè… Sì, lavora, pero además de chiudere i contratti o escucharse un vinile ogni tanto, que hace? Te lo digo io, ‘mano. Un bicho.
El parásito incassa solo gli assegni, e noi nel frattempo “andale, andale, negritos!”.»
«Sei fuori strada.»
«Ni de broma, carnal. Il cinquanta per cento es un pinche atraco e lo sai. Nosotros tenemos que llamar a la puerta» bussò lui sul tavolo «de todos i club e li agenti della città. E sgobbiamo alma y sangre, ma mentre él s’entasca metà della torta por sí mismo, a noi che buscamos gli artisti queda un cuarto a cranio. El puto menudo, coño
Riff accolse la filippica grattandosi la guancia. La testa mimava no.
«Lo trovi divertente?»
«Abbastanza. Vai fortissimo in matematica per uno che non ha finito le superiori.»
«Oh, chupame la verga, lambón. Me soy sempre sacrificado para mi lavoro. Te
ricordi el festival de Rochester, sì? Mira, mira lo que me hicieron» gli ordinò, mentre s’indicava la gamba zoppa «pero nunca mi sono lamentato, y dal viejo manco grazie.»
«Ma di che doveva ringraziarti, mongoloide? Quel giorno te la sei cercata tu. Provarci con la squinzia di un Angel… » Riff si ravviò i capelli all’indietro «E non ti scordare che cammini ancora, perciò t’ha detto pure culo. Avessi fatto il viscido con la mia, di donna, t’avrei staccato le gambe per suonarci In the air tonight
«E va bene, tienes razon, ma el punto aquí rimane che la piña está agria, chacho
«Così vuoi fargli le scarpe.»
«Oye, no. Es più tipo… Rinegociare i patti.»
«Seh.» la lingua di Riff schioccò «Rinegoziare.» disse lui, sfilandosi una Salem
accartocciata dalla tasca «Di’ un po’, che facevi prima? Prima di questo lavoro, cioè.»
«Ya lo sabes
«Lo so, sì, lo so. Te n’andavi su e giù per Jefferson Street a smontare i copponi dalle macchine, o qualche radio, se proprio buttava bene. Questo facevi. Ora invece hai un bell’attico sulla Columbus, vesti Hermès, guidi una Khamsin e ti ripassi una pelle nuova ogni giorno. Sei quassù. In cima alla cazzo di catena alimentare» gesticolò Riff, la mano tre spanne sopra la testa «mentre i tuoi compari saranno dentro le peggio topaie di Bushwick a ingoiare cazzi un cinquino la pompa, oh, sempre che nel frattempo non
l’abbiano già lessati.» aggiunse «Te la cavi, niño, ma non sei Ezra. Comprende
«E che farebbe Ezra meglio di me?»
Riff accese la sigaretta.
«Un mucchio di roba.» sussurrò appena «Primo, capisce cosa manda la gente in
orbita… E nel nostro mestiere è fondamentale.»
«Io también, hombre
«Sicuro, e io sono Phil Spector.» lo schernì l’altro «Ti manca il fiuto, Puerto Rico. Tu perdi ancora tempo appresso a ogni stracciaculo fuori dal CB. Cerchi il nuovo Sid Vicious, ma dei punk ormai non frega più un cazzo a nessuno, solo agli europei, forse.
È ora che ti svegli, bello mio» Riff aspirò dalla Salem «a noi servono i pesi massimi, la nuova Siouxsie… O il nuovo Curtis, pace all’anima sua.» e allora glissò «Ricordi le prove dei tizi a Lodi? Avevano quel tappo di cantante tutto muscoli, Glenn qualcosa… »
Leandro accennò un .
«Mh, e mentre tornavamo hai detto che non valevano manco la benza del viaggio.»
«Non erano nada d’especiale, Riff, solo Cramps con la faccia pitturata.»
«E invece pensa un po’, Lester Bangs dei miei coglioni, la Ruby l’ha scritturati la
settimana dopo e due mesi fa è uscito il loro primo album. Una roba fotonica. Fotonica.
Ma che grazie al tuo ritardo è finita nel cesso più veloce della diarrea.»
«Però coi Pantacruel ci siamo rifatti diez volte más, no?»
«No. Ed eccolo qua il tuo secondo problema. Sei avido.»
«En mi barrio una comisión del tredici por ciento es un golpazo, non un problemo
«Lo diventa, un problemo, se tralasci certi… Dettagli. Sapevi che quell’animale di batterista si scopava le ragazzine, ma di fronte alla tua fetta sugl’incassi non ci hai perso ‘sto gran sonno… E ora, ma-chi-se-l’aspettava, Zulu Bryant è a Rikers per stupro di minori e la band s’è sciolta.» clap, clap, applaudì Riff «Bel lavoro del cazzo hai fatto.»
«Oye, pari mi mamá. No me jodas
«Senti, Don Cojón, mica l’ho iniziato io il discorso» insisté «e a dirla tutta c’è pure un altro motivo per cui Ezra becca più grano di te. Il nome Waylon Sharp ti dice nulla?»
«Quién, il chitarrista dei Fleischfresser?»
«Il cantante dei Voodoo Boudoir.»
Leandro scosse la testa.
«Beh, tre anni fa Sharp voleva farla finita. Sai… » Riff si puntò l’indice alla tempia, «Così, dopo aver bucato due serate, s’è messo in macchina e ha
tirato quattrocento miglia fino alla catapecchia dei genitori morti. Allora chiama Ezra, e gli biascica una roba tipo “Kemosabe, mi serve che vieni quaggiù”» l’uomo spense il mozzicone «perciò il vecchio sgroppa fin giù a Elkins e lo ritrova catatonico sul divano,
con mezza pera in circolo e una ventidue accanto.»
«E que pasó
«Che il cervellino da opossum del nostro bifolco aveva preso a squagliarsi. Di brutto.
Sharp non scriveva più mezza riga, pensava solo a farsele, e via via s’era pure creduto che il fantasma del padre c’entrasse qualcosa con la sua cazzo di crisi mistica. “Se non posso creare, tanto vale morire”, diceva.»
«Y Ezra?»
«Lui ha messo da parte la pistola, tranquillo, e gli ha fatto “Andiamo a ucciderti”.»
«Como sarebe ucciderti?»
«Non voleva seccarlo per davvero, genio. Mica è Vito Corleone» ironizzò Riff «se ne sono andati assieme da una che vive nella riserva di Carvins, un’avventista, una specie di santona o boh… Insomma, Ezra la conosce, è una pazzoide amica sua. E a quel punto lei prende Waylon, gli leva i vestiti, lo porta al lago…»
«E?»
«Lo battezza.»
«Lo battezza?»
«Croce sul cuore. Ha immerso lo stronzo nell’acqua e l’ha battezzato.»
«Tu m’estás tomando el pelo, di’ la verità.»
«È già la verità. Io non lo so com’abbia avuto un’idea del genere così dal niente, ma è arrivata quando serviva. Capisci? Sharp ormai spadella una mina ogni sei mesi, e lo sai perché? Perché Ezra ha un dono. Lui guarda nelle persone. Le spinge a reagire, a dedicarsi alla musica, a donare… Tutte loro stesse.»
Leandro abbozzò una risposta, ma le parole gli morirono sulla lingua.
Calò un silenzio più soffocante del fetore di rendang che ancora li circondava.
«Perciò questa conversazione non è mai avvenuta, chiaro? Il vecchio t’ha levato dalla strada, cazzo. Se sapesse che vuoi fregarlo, ci morirebbe. Un po’ di gratitudine, no?»
Il portoricano glissò. Sudava vergogna.
«De chi es l’album nuevo?» domandò. Il suo indice puntava l’ufficio di Ezra.
«Dei Dirge for Nevermore, il gruppo di-»
«Selenia Monroe.» completò Leandro «L’hai vista prima?»
Riff accennò un .
«Ha smollato la demo al vecchio e puff
«Fortuna che non c’ero, allora. Oye, bato, lo giuro su Dio, esa mala perra me rivolta las tripas. A te no? Parece una di quelle spanate de la Familia Manson.»
«Fosse l’unico problema…» azzardò Riff «Gliene mancano di venerdì».
«Già.»
«E così tanti che non t’immagini. Lo sai, ogni volta guardo quell’albina del cazzo e sento un peso. Una specie di groppo, proprio qui» rivelò l’altro, sfiorandosi appena lo sterno «è più una voragine, anzi. E cresce, cresce, e mi ruba il respiro, come se volesse risucchiarmi tutto. Fino alle scarpe.» esitò «Quand’ero in mano ai gialli avevo la stessa paura. È terrificante. Lei sale sul palco e tutti a sbavare. Poi però ci scambiamo un’occhiata, e di colpo vorrei solo sparirmene a stravaffanculo il più veloce possibile.»
«Lo creo, carajo. Ha gli occhi rossi. Es como guardare una chingada vampira.»
«Secondo te sono vere le storie?»
«Sulla Monroe? Macché, amigo. Sarà un poquito de color messo in giro dai suoi fan, robina che fa spettacolo, tipo esa puttanata che Elvis è ancora vivo.»
«Dici?»
Leandro annuì.
«No me sembravi uno superstizioso.»
«Mica è superstizione. Riflettevo solo ad alta voce.»
«Cazzate. Non hai la faccia a posto. En qué piensas
«È anormale.» ammise Riff, mentre giocherellava col suo Zippo «Parliamo di una ragazzina.» clic, clac «A diciassette anni io ero ancora a segarmelo sulle foto di Arlene Bell» clic, clac «invece lei apre i concerti di Lydia Lunch al Mudd e non ha manco l’età per farsi una birra. A te non pare strano?»
«Quién sabe, chacho. Avrà le cosce a fisarmonica.»
«No. L’avremmo saputo. Uno che si racconta le scopate in giro lo becchi sempre.»
«E allora no se. Escucha, per me t’estás fissando.»
«Sarà la storia dei cani. Continuo a pensarci.»
«Che storia?»
«Non la sai?»
«No.»
«Ok, gli trovammo dei localetti. Ricordi?»
«Seguro
«Beh, in pratica è successo che poco prima di quelle tre date i cani dei titolari sono scomparsi nel nulla. E non s’è mai capito come o perchè.»
«Imagínate, a New York scappano centinaia de bestie todos los días, Riff.»
«Sì, però ammettilo. È una coincidenza troppo assurda per non farsi due domande.»
«Quindi secondo te sarebbero stati loro? E por farci que? Un pinche spezzatino?»
«Non lo so. Magari sono sbiellati che fanno rituali nei cimiteri, sacrifici o cazzi del-»
Leandro lo interruppe secco.
«Oh, callate, callate, finiamola qua.» gesticolò «Non le voglio sentire ‘ste macumbe voodoo alla Robert Johnson. Me vengono gl’incubi.» allorché, tirando su col naso, imboccò le scale «Io mi do, chacho. Salutam’el viejo quand’acaba de menarselo.»
«Lo saluto, ma tu ricorda. Rompi di nuovo i coglioni sulle quote e sei fuori. Claro
«Claro, carnal. Adesso però vattene a dormire…»
«Tra un minuto.»
E così, tonfo a tonfo, l’imbeccata di Leandro sfumò in un’eco zoppa che risaliva verso Canal Street, mentre Riff, bolso e inebetito, poggiava l’ultima Salem a fil di labbra.
Il Daytona segnava le quattro meno venti.
Tempo di chiudere il baraccone.
L’uomo sfiatò un tiro e bussò allo studiolo di Ezra, l’oasi dove il vecchio – al grido di metsuyan, metsuyan – sceglieva sempre le bombe migliori di tutte.
Allora Riff aprì la porta; dalla stanza spifferò un lezzo tremendo, addirittura peggiore del rendang, un alito che sapeva d’acquitrini e frutta guasta.
Lui entrò e proseguì.
«E-Ezra?» balbettò, eppure di «Ezra?» neanche l’ombra, se non un pendolo di
Newton, immobile sulla scrivania, con attorno un mucchio di foto scattate quand’ancora esisteva la fila dei neri.
Riff s’avvicinò.
Un po’ di più, un po’ di più.
Gli bruciava il naso, come dopo un pessimo tuffo giù da una scogliera.
E i suoi occhi guardavano, senza vedere.
Accanto all’agenda del vecchio, lì dov’era posata la custodia dell’album dei Dirge, spuntava un bigliettino dal corsivo sinuoso, ma lo sguardo di Riff saettò subito al telefono; e per un istante riuscì quasi a sentire la voce della centralinista, 9-1-1, prego, dichiari l’emergenza. Il mio capo… È-è scomparso, prima che il fruscio del giradischi lo riportasse a quella realtà profanata. Signore, come sarebbe da una stanza chiusa“?
Pronto? Pronto? I poliziotti avrebbero pensato a uno scherzo, ma non lo era.
E neppure si trattava di leggende metropolitane.
No. Dentro quel tumulo pannellato ad Auralex mancava una persona. Mancavano centoquaranta libbre di vittima della Shoah. Ed era una verità empirica, nessun trucco. Riff ebbe un brivido e quasi cadde in ginocchio. L’angoscia che il suo stesso torace volesse inghiottirlo a poco a poco gli drenava sangue da ogni possibile organo.
E nel frattempo, dalla copertina di Persephonìa, lo scrutava l’atroce ritratto d’una Brigitte Helm spennellata da Francis Bacon, i cui sguardi parevano bramosi di carne.
Solamente allora – coi talloni al ciglio d’un abisso che gli cresceva ovunque
tutt’intorno – l’uomo esaminò la nota sotto il disco. Parole a strapiombo sul buio.

 

Illustrazione di Diana Gallese

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