Metterci la faccia. In ricordo di Namio Harukawa.

L’ondata di morte che ha travolto il mondo nei mesi scorsi ha portato via Namio Harukawa (Osaka, 194? – 24 aprile 2020), illustratore giapponese noto per il suo lavoro sulla dominazione femminile (femdom) attraverso la pratica dell’asfissia erotica da face-sitting, pratica ideale per esercitare il controllo, decidere le sorti dell’altro e fornire intimità erotica. Harukawa ha goduto di un tardo successo internazionale di pubblico – omaggiato non solo nel mondo del porno, da Nicki Minaj a Madonna fino ai Blonde Redhead con il videoclip del brano “Dripping”  – culminato in una mostra al Museo dell’Erotismo a Parigi nel 2013, con opere dalla serie Garden of Domina, e con la pubblicazione di due libri usciti per la francese United Dead Artists, Callipyge e Maxi Cula, e di un volume antologico uscito nel 2019.

Carriera iniziata negli anni ’60 come illustratore sulla rivista Kitan Club che insieme a Uramado  e alle illustrazioni di Muku Youji fu fondamentale per la formazione della cultura kinbaku (conosciuta anche come shibari), un periodo questo nel quale il Giappone stava vivendo una massiccia esplosione nella pubblicazione SM, mentre l’Occidente era molto più limitato nella sua espressione sessuale: se le immagini incentrate sul bondage mostrano donne legate, quanto emerge dalla cultura BDSM nipponica è quasi esclusivamente a predominanza femminile. Quasi del tutto assenti sono le immagini in cui gli uomini assumono un ruolo dominante, anche come spettatori.

Illustrazione sulla rivista Kitan Club

Seppur ancora in maniera acerba, in queste prime illustrazioni si scorge la ricerca stilistica di Harukawa: il corpo della donna viene ritratto sempre più corpulento rispetto a quello dell’uomo, ricerca che nel corso degli anni raggiungerà esiti più ossessivi e crudeli.

Se l’uso della tortura in Giappone fu proibito nel 1879 dal governo Meiji, i secoli precedenti del periodo Edo, dove le pratiche per estorcere confessioni raggiunsero un livello di crudeltà sempre maggiore, evidentemente hanno lasciato un segno profondo nella cultura giapponese, visto come anche la letteratura – grazie ad autori di SM novels come Oniroku Dan, portate al cinema con i Roman Porno – e il teatro hanno inglobato tali tematiche a base di vergogna e punizioni, fondendosi con gli shunga,  le stampe erotiche giapponesi, producendo il primo impulso all’estetizzazione del sadomasochismo, le scene di semeba, o seme-e, ovvero scene di dominazione o punizione.

Metodi di tortura giapponesi

 Oltrepassando i limiti morali che vietano di trasformare un corpo in oggetto – quindi strumentalizzarlo, negandone l’autonomia e la soggettività, violandolo e considerarlo come qualcosa che si può possedere, comprare o vendere – se la controparte è consenziente porta ad una oggettualizzazione come parte integrante della vita sessuale, oggettualizzazione che resta moralmente un argomento problematico ma non significa necessariamente deumanizzare l’altro, ma crearne una nuova individualità, in quanto gli esseri umani non sono riducibili alle maschere sociali che indossano per vivere, ma rispondono a bisogni acquitrinosi di altre identità che pulsano dentro, al di là della razionalità loro imposta dallo stare al mondo. Al di là dei ruoli, il forte interesse che entrambe le parti hanno per la soddisfazione sessuale le spingerà a permettere a se stesse di essere trattate come cose reciprocamente, e a desiderare volontariamente di essere deumanizzate allo scopo di deumanizzare a propria volta l’altra parte.

Shunga

Laddove ci sia una perdita di autonomia nel sesso, il contesto è pur sempre quello in cui l’autonomia è rispettata. Quando c’è una perdita di soggettività nel momento del rapporto sessuale, essa può essere accompagnata da un’intensa attenzione per la soggettività del partner in altri momenti, poiché l’amante è intensamente concentrato sugli stati d’animo e sui desideri di quella persona, il cui benessere significa tanto anche per il suo.

Secondo Martha C. Nussbaum nel suo “Persona oggetto”, l’essere considerati in relazione ad una parte del corpo – o dei genitali – non significa essere carne deumanizzata ma può diventare invece un modo per essere visti più pienamente come gli individui umani che si è, un modo per espandere la sfera della propria attività e della propria realizzazione.

Ciò ha particolarmente trovato espressione in letteratura, in quanto molti scrittori hanno tentato di descrivere quel luogo non governato dalla ragione – da De Sade, a D.H. Lawrence, Henry Miller – generandone diverse eroine. Ma cosa sarebbe mai questa oggettualizzazione dinanzi a quella della rivoluzione industriale nei confronti del lavoratore per Lawrence, o ancor prima, quella della manodopera minorile raccontata da Dickens, o se vogliamo del trattamento oggettualizzante dei lavoratori nella società capitalistica descritta da Marx? Potrebbero le opere come quelle di Harukawa far riflettere sull’aver socializzato eroticamente una società già gremita di gerarchie e dominazione, dove gli individui sperimentano nella sessualità gli scenari subiti di dominazione e strumentalità nella vita quotidiana? Sempre per Nussbaum la gerarchia sociale è alla radice della deformazione del desiderio, operando non solo attraverso la pornografia, ma anche il puritanesimo e la repressione. E sarebbe proprio un certo tipo di attenzione oggettualizzante un modo per correggere tale deformazione e favorire una parità erotica.

Kitan Club, dicembre 1975

Ponendosi non da una prospettiva di scientia sexualis – ovvero con approcci psicologici o psicoanalitici –  ma da quella di una ars erotica (Foucault), quindi valutata in base alla sua qualità e intensità, emerge una  sessualità estetica legata allo stile, alla tecnica e alla maestria, paragonata alla creazione artistica, pratiche che mirano a intensificare il piacere fino al punto di sconvolgere gli equilibri.

Sarà forse anche questo aspetto che ha spinto il governo britannico a bandire, insieme ad altre, la pratica del face-sitting dai video online, nel tentativo di “reprimere contenuti dannosi”, cosa che ha visto proteste delle sex workers dinanzi alla sede del Parlamento.

Protesta sex workers

Prova che ancora oggi il sesso fa ancora tremare il mondo.

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