L’età illegittima, di Federico Vercellone

In pieno periodo di propaganda elettorale Raffaello Cortina Editore dà alle stampe un saggio estetico-politico dallo spessore filosofico non indifferente, L’età illegittima, estetica e politica di Federico Vercellone, con la pretesa, probabilmente, di alzare un pochino il livello dello scontro a cui tutti noi abbiamo assistito in questi ultimi giorni, nonché del bombardamento mediatico (e memetico) che ne ha fatto da contorno.

Federico Vercellone è docente di Estetica all’Università di Torino e le sue idee si allineano con quelle della tradizione ermeneutica europea. Nei suoi scritti ha dato una notevole interpretazione, sia filologica che teoretica, della corrente del nichilismo e, più di recente, ha sviluppato un’interessante riflessione sul rapporto tra modernità e coscienza estetica, indagando il nuovo radicamento simbolico del nostro tempo, che si manifesta, oggi, sia con forme espressive più “alte” sia in quelle più low, dal tatuaggio al cibo.

In questo suo saggio, Vercellone si preoccupa di ricostruire il percorso storico e filologico di un preciso concetto teologico-politico, quello del Catechon biblico, e di rileggerlo in chiave estetico-politica attuale. Ovviamente Vercellone fa i conti con i suoi colleghi che hanno già affrontato la nozione sotto questa luce (Schmitt su tutti, ma anche Cacciari e Agamben) e cerca di declinarlo all’interno di tutto un sistema simbolico ed estetico della contemporaneità.

La costruzione del saggio di Vercellone è semplice e segue quasi un andamento cronologico. L’autore parte dalla Seconda Lettera ai Tessalonicesi di San Paolo nella quale viene definito per la prima volta il Catechon, in un contesto escatologico, per indicare il potere che tiene a freno l’avanzata dell’Anticristo prima dell’apocalisse finale e della parusia di Cristo, fino ad arrivare all’analisi politica di Schmitt, e di quelli che si inseriscono nel tracciato del politologo tedesco e a superarla nella descrizione ermeneutica ed estetica del contesto politico e sociale attuale.

Se la costruzione del saggio è semplice, però, non sempre il testo è di immediata intuizione, soprattutto per chi potrebbe non avere gli strumenti adeguati alla comprensione di alcuni termini, non solo filosofici ma anche prettamente tecnici di filosofia estetica. Tuttavia Vercellone non dà nulla per scontato e, coadiuvato dai suoi illustri interlocutori, riesce in qualche modo a mantenere attiva la lettura, anche nei passaggi più ostici. In particolare ho trovato interessante il modo in cui l’autore sia riuscito a far dialogare una visione teoretica complessa della modernità e proprio a causa di questa sua caratteristica non sempre di facile interpretazione con le forme di espressione estetica più “basse” non in senso dispregiativo, ma intese come quelle più diffuse all’interno della società di massa.

Ho trovato interessante la parte in cui l’autore mette sotto le sue lenti il kitsch, una specifica categoria estetica che, seppur nel suo “cattivo gusto”, riverbera una certa potenza politica, che da una parte fa in un certo senso da collante simbolico della società capitalistica occidentale, creando territori concettuali comuni, riconoscibili e in qualche modo confortanti, dall’altro, proprio nella sua lontananza dalla struttura messianica schmittianamente intesa, può dare luogo a politiche illegittime.

“Il meccanismo messianico è del tutto interno all’identità laica del potere occidentale, alle sue strutture di significato. Si può addirittura aggiungere che, in assenza di messianismo, non si danno politiche legittime, e che il potere legittimo è sempre un potere messianico. Su queste basi la crisi attuale trova motivazioni che consentono di meglio identificarla, di comprendere il desolato panorama popolato da laicismi rozzi e senza memoria e da populismi alla lettera criminali perché privi di ogni legittimità. Il mondo globalizzato l’universo dei non luoghi di Marc Augé, che ci immergono nella vertigine della dispersione e dell’anonimato ha, come si è visto, un’intensa inclinazione per il kitsch, per il ritrovamento facile della patria consueta, per far di noi degli Odisseo che ritornano a Itaca senza dover affrontare lunghi viaggi. È la questione dell’autoriconoscimento, è la dialettica dell’identità perduta e riconquistata […] quella proposta dal kitsch, che prova a rinnovare sotto spoglie domestiche la relazione con il fondamento invisibile proposta dal katechon.”

Il testo di Vercellone è dunque profondo e multidisciplinare e tocca una vastità di argomenti da rendere impossibile darne conto in poche battute. Un testo per molti versi complesso e, ovviamente e forse proprio per questo, stimolante soprattutto per chi è stanco di doversi sorbire un dibattito politico, parlo di quello italiano, ma credo si possa estendere al globale, che ha fatto ormai da decenni del piattume la sua bandiera.

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Essi vivono, noi dormiamo, di Marco Maculotti
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Divorati dall'”altro” cannibale, di Eleonora D’Agostino
L’ultimo volo di Bird, di Alessio Bacci e Diego Frazzi
Ballard e il rifiuto dell’utopia, di Stefano Spataro
Livello 49, di Alessandro Pedretta
Racconti:
Mister Sangue, di Caleb Battiago
Concerto, di Andrea Mungiello
L’uomo senza pisello, di Stefano “El Brujo” Fantelli
Illustrazione di copertina di Luca Brandi
Illustrazioni interne di Luca Brandi, Stefano Cardoselli e Piercarlo Carella
Grafica e impaginazione di Andrea Garagiola
A cura di Alessandro Pedretta