Il nichilismo noise di Locust Abortion Technician

Il nichilismo noise di Locust Abortion Technician

Recensione e riflessioni sul contesto del terzo lavoro dei noiser Butthole Surfers

Con molto coraggio, se non con puro spirito di superare certi canoni, i Butthole Surfers hanno fatto la storia del noise, che stava esordendo in quel periodo (parliamo degli anni ’80), e i cui rappresentanti ostentavano il nichilismo in musica sublimato da certo punk anarchico in sonorità taglienti e sperimentalismo oltranzista e a bassa fedeltà. Il gruppo comincia a muovere i primi passi a San Antonio, vicino Austin nell’illiberale e ultraconservatore Texas, e vede come primo nucleo cerebrale Gibson “Gibby” Haynes e Paul Leary (quest’ultimo all’anagrafe Paul Leary Walthall), rispettivamente cantante (che si cimenterà anche in incursioni di chitarra e sax, per non parlare più in là negli anni del suo immancabile modulatore di voce battezzato “Gibbytronix”) e chitarrista (nonché occasionalmente cantante) i qualidecidono di mettere su una band dopo aver gestito una fanzine chiamata Strange V. D., dove pubblicavano foto di parti del corpo afflitte da malattie orrendamente vistose e volutamente di cattivo gusto, e che erano accompagnate da didascalie grottesche come “Tacoleg” (Gamba al Taco), “Blackbag” (Coglioni Neri) e “Pinecone Butt” (Pigna nel Culo), e dopo vendere per un breve periodo sulla spiaggia della Southern California mercanzia varia con sopra stampata la faccia di Lee Harvey Oswald. Da lì il gruppo si sposterà in lungo e in largo per gli USA, a cui nel frattempo si aggiungeranno e si accorperanno al fulcro centrale della band, non molto tempo dopo aver esordito, i batteristi senza sellino Jeffrey “King” Coffey e Teresa Taylor, quest’ultima soprannominata Teresa Nervosa. Emblematiche saranno le performance dal vivo, in cui le canzoni, disturbanti già di sé, verranno accompagnate da luci stroboscopiche, filmati proiettati alle spalle della band di ogni tipo (da operazioni chirurgiche a sospette e stemperanti paesaggi esotici, e quant’altro), ed anche una ballerina, la taciturna Kathleen Lynch, che si intratteneva con atti osceni insieme a Haynes o episodi riguardanti una mazza da baseball bagnata di urina e la conseguente unzione degli spettatori. Insomma, un gruppo da (non) andare a sentire e (ne)anche guardare.

Butthole Surfers nel 1987. In senso orario dall’alto: Gibby Haynes, King Coffey, Jeff Pinkus, Teresa Nervosa e Paul Leary.

Durante il periodo in cui coinvolsero la Lynch, che conobbero ad Atlanta insieme al loro futuro bassista Jeff Pinkus, i Butthole Surfers stavano attraversando un periodo di vagabondaggio per gli USA attraversando altre città come Chicago, Detroit, Seattle, New Orleans e San Francisco. Successivamente giunsero ad Athens, in Georgia, attratti dalla possibilità di bersagliare i REM, noto gruppo college rock dalle sonorità decisamente più accoglienti e radio friendly rispetto ai noiser texani; possibilità che non si realizzò grazie all’accortezza delle potenziali vittime, infatti si racconta che Mike Mills, bassista dei REM, mandò in fumo un incontro con il gruppo rivale che insieme avevano prefissato. Come atto di dissacrazione e allo stesso tempo, nonostante tutto, latente apprezzamento per le hit dei REM, i Butthole Surfers a quei tempi chiudevano i loro concerti con una diabolica versione di One I Love. Comunque il gruppo, arrivato ad Athens decise di abitare dieci miglia lontani dalla città, a Winterville, cominciando a lavorare al futuro EP Cream Corn From The Socket Of Davis (1985) e a qualche traccia del loro impressionante terzo album: Locust Abortion Technician; un album distorto, malsano, grosso modo strumentale o con parole accennate, biascicate, con inquietanti e grottesche onomatopee; un suono industrial e punk che insieme partoriscono qualcosa di assurdamente indefinito, futuristicamente granguignolesco, in maniera assurdamente nuova per l’epoca, e in cui vengono maturate molte intuizioni che esordirono già nei precedenti lavori.

Nel precedente full lenght Rembrandt Pussyhorse (uscito nell’1986 ma registrato a San Antonio tra il 1984 e ’85, prima del viaggio per gli Stati Uniti) e in Cream Corn il suono attinge da un variegato post punk anglosassone di diverse estrazioni, come si nota nella falliana anche se più lenta e più storta Perry, l’astrattismo seppur viscerale e in senso Cabaret Voltaire e Throblin’ Gristle di Comb, il noise oscuro di Mark Says Alright, ma quello che contraddistingue i due lavori è una personale austerità caratterizzata da una gran pulizia del suono, che rende evidente le sperimentazioni attraverso modulatori di voci, sovraincisioni, riff di chitarra più precisi (almeno rispetto al precedente primo album Psychic… Powerless… Another Man’s Sac) e tastiere spettrali e che fanno brillare questo lavoro di una luce, chiara sì, ma nel segno dell’insanità. Due grandi lavori nel quale i texani elucubrano contortamente, implementandola, la loro originale idea di musica (o anti-musica), molto spesso sardonica e volgarmente “popolare”. La luce di cui abbiamo parlato presto si dissolverà facendo spazio a Locust Abortion Technician, pubblicato a Marzo del 1987 per la Touch & Go di Chicago (distribuzione americana), per la Blast First (distribuzione europea) e per la Au Go Go (distribuzione australiana), e registrato, nella permanenza in Georgia, come abbiamo già accennato, e durante il ritorno a San Antonio dopo un tour in Europa.


Cover di Locust Abortion Technician (1987).

L’album si apre con con Sweat Loaf, registrata nella città d’origine, introdotta da un giro di tastiere dai toni distopici e spaziali, per poi far partire un dialogo tra padre e figlio che discutono del significato di “rimpianto”, e che scivola in toni sempre più inquietanti e poi minacciosi, raggiungendo l’acme con quel “SATAN!” urlato che si ripete tramite delay azionato dal Gibbytronix. Successivamente l’esplosione in un punk strumentale ondivago che consiste in un pastiche del riff principale di Sweet Leaf dei Black Sabbath, che si attenua in parti in cui la chitarra di Leary e il basso di Pinkus si scambiano il ruolo solistico.

Graveyard è presente in due versioni diverse con lo stesso titolo, una per faccia, e la prima un’anteprima spontanea e in più punti dilatata della seconda, la quale quest’ultima fa sfoggio di un testo gotico e abbastanza lapidario. Inoltre la parte della chitarra di Haynes nella prima versione è stata registrata con la inconsapevolezza del cantante/chitarrista mentre quest’ultimo stava semplicemente provando, e senza nemmeno che ascoltasse quello che stava eseguendo dal momento che l’amplificatore era collegato a delle cuffie che indossava Leary, artefice del fortunato inganno.

Pittsburgh To Lebanon e un blues sporco e dissonante registrata durante la permanenza in zona Athens con il bassista Trevor Malcolm.

Weber e Hay sono due intermezzi, l’uno un girigoro tra il proverbiale noise e il metal, e l’altro dei versi di mucca registrati durante la loro permanenza ad Athens, con una traccia di percussioni riprodotta all’inverso.

Il primo lato della versione vinilica termina con una hit song (vista nel contesto), ovvero Human Cannonball dove, tra l’utilizzo del Gibbytronix e la chitarra atonale con alcuni riff invertiti di Leary, non si lascia nettamente intendere se il testo tratta di una relazione finita o di una vera e propria carneficina. Il pezzo comunque ha un’impostazione easy listening, che si avvicina ai pezzi degli altri album e in un certo senso tradisce un po’ il sound del disco.

Il secondo lato si apre con USSA, un pezzo definito da Leary stesso “antipolitico”. Comincia con un rumore simile ad una catena di montaggio, con la chitarra di Leary in mezzo che sembra mugugnare, per poi sentire Haynes strascicare un verso che sarcasticamente è l’unione delle sigle delle due potenze mondiali di quel tempo, che agli occhi dei sardonici rumoristi erano praticamente la stessa entità.

The O-Men è uno sfottò nei confronti degli Omen, un gruppo industrial americano di quegli anni che aprirono un concerto dei Motörhead a cui i Butthole Surfers assistettero. La parte strumentale (chitarra, batteria e synth) è stata completamente composta da Leary, a parte la breve parte cantata, anzi urlata, ad opera di Haynes. Il pezzo amplifica l’effettiva natura di Locust Abortion Technician, attraverso il quale viene espressa una parossistica versione della musica elettronica, in questo modo distaccandosi e prefiggendosi come obbiettivo un’autenticità tossica.

Il collage Kuntz di un pezzo thai folk (eseguito da un certo Phloen Phromdaen), vuole destabilizzare l’ascoltatore nel momento in cui nel pezzo viene pronunciata un’espressione con un suono simile ad una certa parola oscena, come da titolo, sovrapponendo più volte e dilatando quella parte di traccia.

Infine 22 Going On 23 è la più devastante di tutte: un pezzo dall’andamento più lento e pesante, che rimanda ad un doom metal lo-fi, scarno, malsano e dettato da un sentimento autolesionista. Parte una registrazione di una trasmissione radiofonica e subito dopo un basso completamente distorto su cui è eseguito un riff perpetuo ai limiti della paranoia. Nella registrazione una donna, che dalla voce sembra essere anziana, chiama la trasmissione dicendo di non riuscire a dormire la notte in quanto era stata vittima di uno stupro pochi giorni prima, e subito dopo afferma per l’appunto di avere 22, quasi 23 anni; nel tempo la band affermerà che la donna si rivelerò in seguito essersi inventata tutto, mentre recentemente (nel 2017) Paul Leary affermerà che la loro era solo una supposizione. Il pezzo subito dopo si sviluppa tramite il susseguirsi di parole ripetute come “medicine”, “depression”, “anxiety” e altre simili. Il pezzo poi converge in un assolo sempre di Leary lancinante come graffi sull’ardesia, proseguendo con la registrazione succitata, in cui quella donna parla dei suoi problemi di coppia (inventati o no che siano), per poi terminare il pezzo e l’album con quei muggiti che rimandano alla prima facciata. Pezzo in gran parte ad opera della mente creativa di Leary oltre a godere del contributo della batteria tribale di King Coffey.

Da citare il contributo dell’artwork del pittore Arthur Sarnoff, un illustratore degli USA attivo soprattutto nella metà del ‘900, che era solito immortalare scene del quotidiano americano, ironizzando molto spesso sui vizi e i difetti di quel contesto, ed in merito sono emblematici alcuni suoi dipinti di animali antropomorfizzati intenti al gioco d’azzardo. Il quadro “Fido And The Clowns”, che va a costituire la copertina di Locust Abortion Technician, è stato venduto ad un’asta nel 2015 a 70$.

 

Locust Abortion Technician segna un divario tra il prima e il dopo nel segno dell’anarchia. Se Cream Corn presenta evidenti segni di musica in libertà, e in questo è emblematica la incendiaria e rivoltante Comb, che in questo discorso funge da intermediario, in Locust ci si discosta ancora di più da quella patinatura del suono che si manifesta rigorosa e obliqua in Rembrandt Pussyhorse e in parte nell’EP succitato; una disarmonia popolare e artistica (senza predersi sul serio), hardcore, industrial e manieristica, che attinge dal post punk anglosassone, psichedelia sixties, con un inventiva fresca tutt’ora oggi.

Un nichilismo che consiste nella dissacrazione del punk attraverso un suono industrial, e viceversa, senza risparmiare nessuno, e ascoltatori compresi.

Il disco appartiene ad uno dei lavori più importanti della seconda ondata dell’indie rock americano, nella quale figurano gruppi come Sonic Youth, Dinoaur Jr e Big Black, oltre che gli stessi Butthole Surfers, e che ottiene il successo di critica specializzata nel periodo 1986-87. Il post punk nichilista di Evol, l’esarcebata inflessione punk di Sister (entrambi Sonic Youth), la distorsione slacker di una psichedelia oscura di You’re Living All Over Me (Dinosaur Jr.), il meccanico e claustrofobico post-hardcore di Atomizer e Songs About Fucking (tutti e due dei Big Black), infuocheranno la scena americana e i suoi fan, freak incontenibili e deviati, con sperimentazione non convenzionale che demolisce tutte le barriere della tradizione, piantando il seme (anche se questi gruppi non furono pionieristici) di utilizzo di feedback, nastri manipolati e formazioni non convenzionali nel futuro.

 

Inoltre si può proporre una probabile influenza. Nel caso specifico di Locust Abortion Technician si molto probabilmente si attinge ad una sperimentazione estrema, che ha un retaggio non molto lontano, inglobato nella sfera di un gruppo che abbiamo già citato, cioè i Minutemen, e rappresentato dall’etichetta New Alliance di San Pedro nei pressi di Los Angeles, e fondata nel 1980 da D. Boon e Mike Watt, entrambi leader del gruppo sopracitato, e Martin Tamburovich, i quali tutti e tre erano parte dei Reactioneries, primo vagito della scena di San Pedro. La label pubblicò diverse uscite a carattere punk eterodosso, sponsorizzando gruppi della zona della South Bay. tra i quali brillavano Black Flag, Descendents, Saccharine Trust, oltre che i Minutemen stessi, e altri nomi come Plebs, Peer Group, Slivers e Artless Entanglements, etc che strabordavano in un art punk lo-fi, aggrovigliato e coraggioso.

Minutemen nel 1982: da dinistra a destra, Mike Watt, D. Boon e George Hurley.

Protette e a volte emarginate dalla scena musicale di Hollywood che era rappresentata dal locale Masque dove suonavano molti gruppi influenzati dal punk londinese, come Germs, X, Go Go’s e Alley Cats, le band della provincia di Los Angeles erano propense a creare un suono del tutto personale e molto contaminato dalle dissonanze be bop e free jazz, come si può evincere dalle compilation uscite per la New Alliance come la prima uscita del catalogo Cracks In The Sidewalk, Chunks e la massiva e rapsodica Mighty Feeble, oltre che dalle prime uscite discografiche del catologo SST Records, sorella maggiore della New Alliance e che ha fatto conoscere il potenziale sperimentale e caustico della periferia losangelina espresso sottoforma di un hardcore eterodosso; focalizzandoci su Mighty Feeble uscita nel 1983, questa raccolta raccoglie estratti di cassette promo inviate agli owner dell’etichetta che incisero i brani all’insaputa dei rispettivi autori. Il suono della chitarra gitana suonata da Spot (celebre produttore per gruppi del roster della SST Records) in The Only Question Is…, e quella più freak di Marshal Mellow e Jack Brewer in Jesus Stop Shaking The Star, le parole (scritte) di Lydia Lunch in un’atmosfera claustrofobica degli Autistic Divinty in I Woke Up Dreaming, il rumore bianco dei Zurich 1916 in Ugly Back Stuff, il noise punk dei Mr Epp And The Calculations (band di Seattle capitanata Mark Arm a qui si aggiungerà Steve Turner, e che più tardi entrambi confluiranno in Green River e Mudhoney) in Jaded, il free jazz slabbrato dei Gary Jacobelly Ensemble in Jive Time, sono tutti elementi che, per via diretta o indiretta rimandano alla insanità affastellata di Locust Abortion Technician; il free jazz, che fa manifesto della raccolta, mette il relazione il vecchio rappresentato dal jazz con elementi più moderni tra cui dissacrazione punk e ritmi motorik, come avviene nella contrapposizione di clarinetto/batteria in A Hour’s Effort di Gino Pusztai, azzardondo un paragone con il dualismo punk/elettronica distorta del lavoro firmato dai Butthole Surfers. E a maggior ragione trasudano nella ragione velleità punk noise dai Mr Epp And The Calculations sopracitati e dalla traccia Until It Ends dei Modern Torture, che danno prova di un garage sporco e riverberato, adrenalinica boccata d’aria similmente a come si può notare nelle due Graveyard e Human Cannonball nell’ascolto del terzo lavoro dei texani. Una commistione tra industrial eterodosso e contaminato da intuizioni vicine alla cultura pop, e gusto punk e piacevolmente sgraziato che contraddistingue e accomuna i due dischi, e forse questa low fidelty di matrice popolare in Mighty Feeble viene ulteriormente amplificata per essere un lavoro più discontinuo e per dare un assaggio sintetico di tutti i 20 progetti in un unico LP.

Però, detto questo, non è sicuro che il gruppo texano conosca la raccolta, anche se due fatti potrebbero avvalorare una eventuale e inconscia ispirazione alla porzione di quella macro-scena statunitense datata 1983-84 (il primo periodo florido degli USA indie). Innanzitutto ben due gruppi di Austin collaborano a Mighty Feeble: le Buffalo Gals, contraddistinto da un pop introspettivo e lo-fi, e nelle quali milita la chitarrista e cantante Kathy McCarty, la quale fonderà in quell’anno i più noti Glass Eye, e i Kamikaze Refrigerator, di attitudine punk/post punk. Questo induce a pensare che l’LP era noto nell’ambiente della capitale del Texas, e infatti, nel periodo di pubblicazione della raccolta, i Butthole Surfers erano lì di casa. La seconda motivazione è che Mighty Feeble era semplicemente una gemma oscura che conquistava il fascino di molti, come per esempio del chitarrista Thurston Moore il quale nei suoi Sonic Youth prediligeva accordature non convenzionali e percosse nei confronti dello strumento; infatti, come viene citato in “Pychic Confusion: La Storia Dei Sonic Youth” di Stevie Chick (Arcana Edizioni pag.118) il leader del quartetto newyorkese amava quel disco, insieme ad un’altra raccolta del catalogo New Alliance e chiamata Feeble Efforts, quest’ultima in formato 7”, e intorno al 1984 Moore aveva una corrispondenza epistolare con Mike Watt, il quale vide nella musica dei Sonic Youth, strumentalmente più violenta e che flirtava con l’avanguardia, un superamento rispetto ai suoi Minutemen.

Cover di Mighty Feeble (1983).

Qualunque sia la verità, Locust Abortion Technician, ha una sperimentazione godibilissima per chi piacciono le sonorità oblique e nichiliste, e che un vero noiser non può esserne indifferente, e da cui deve trarre il sadomasochista vantaggio. Uno sperimentalismo dai colori acidi e corrosivi che irradiano l’ascoltatore di una luce etilica, criptica, abbagliante, che segue geometrie grottesche, illusorie e mefistofeliche; ma in fin dei conti semplicemente popular music, in quanto quello sperimentare risulta essere accessibile a tutti, non c’è niente di propriamente cerebrante, a parte il l’originalità intrinseca, sia per questo tempo che per l’anno in cui uscì. Ma basta poco per essere coinvolti con quella realtà diabolica. Quindi con cautela ascoltiamo Locust Abortion Technician di Gibby Haynes e soci, e facciamo in modo di rimanere illesi.

 

 

Bibliografia:

Per quanto riguarda Locust Abortion Technician e i Butthole Surfers, ho consultato l’articolo e il testo qui riportati:

BEN GRAHAM, The Day Of Locust: Paul Leary Of The Butthole Surfers (articolo della rivista The Quietus): https://thequietus.com/articles/22036-butthole-surfers-locust-abortion-technician-paul-leary-interview;

MICHAL AZERRAD, American Indie 1981-1991 – Dieci Anni Di Rock Underground (Arcana Edizioni, 2010).

 

Per quanto riguarda la parte su Mighty Feeble, la New Alliance e la scena della South Bay californiana, i testi sono i seguenti (qualcuno già citato):

CRAIG IBARRA, A Wailing Of A Town – An Oral History Of Early San Pedro Punk And More (END FWY Press, 2015);

STEVIE CHICK, Psychic Confusion: La Storia Dei Sonic Youth (Arcana Editore, 2009);

STEVIE CHICK, Black Flag – I Pionieri Dell’Hardcore Punk (Odoya, 2012).

 

 

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