L’appetito vien mangiando

L’appetito vien mangiando

 

Capodanno a Milano. Un capodanno prima dell’inevitabile e insignificante 2000.
Il capodanno: un sontuoso sistema per obbligarti a mugghiare in branco, a vagare inebetito tra carne sfarzosa e luci sferzanti. Poi brinderemo tutti insieme alla nostra effettiva e sacrosanta sconfitta come uomini. Già, l’uomo non è un granché in fondo: satelliti di piagnistei emozionali con predeterminate mete idiote. Sette punto cinque di gradazione alcolica e un bel botto di polvere pirica per il nostro impianto emozionale.
E giù tutti a ridere.
Che tristezza.

Capodanno a Milano. Centro città. Questo Duomo mai completato come un prospetto mal contemplato, come un azzardo fallito, la Galleria è un budello di carne infranta che si infratta in questo tunnel dell’ovvio, la statua di Vittorio Emanuele II sopra la quale da generazioni i piccioni ci cagano di gusto.
Cosa ci faccio esattamente qua non lo so. Devo esser stato prima da qualche altra parte ma non ricordo. Il mio tasso alcolico è considerevole, qualche tipo di droga mi deve circolare arrabbiata nelle vene.
La mezzanotte è passata da un pezzo, il collaudato orgasmo collettivo da countdown ora è solo lebbra dei posteri, forse solo un conato represso, un gemito nel tempo.
La piazza assume un caotico aspetto post-atomico con i rimasugli di petardi anneriti e gli strati di bottiglie rotte come l’immenso rimasuglio di  un festino pantagruelico.
Ho finito i soldi, ho finito mille respiri, ho finito il pensiero. Ho finito.
Cerco forse qualcosa? Qualcosa deve ancora avvenire. Qualcosa avviene sempre, nel bene o nel male.

Le sagome sbronze da fine nottata circolano identiche a lemuri in un’allucinazione carnascialesca, si dirigono apparentemente a caso in direzioni diverse, sembrano gironzolare insieme sonnecchianti e alterate, forme plastiche che covano nuovi gusti e porzioni di sogni infranti.

Non cerco compagnia, non cerco un approccio, non cerco esattamente qualcosa, un qualcosa di ben definito. Ma c’è sempre qualcosa che ti cerca, ed è inesorabile: ti trova.

Mi si avvicina un tipo. Basso di statura, ricci capelli neri, occhiali, fattezze down. Forse lo è, affetto da mongoloidismo. Ma chissenefrega.

“Io conosco delle puttane” mi dice, avvicinandosi, quasi alitandomi nell’orecchio.

“Sì?” rispondo, tra lo spazientito e il rabbioso.

“Sì, sì, le conosco.”

Cazzo, ‘sto tipo non è normale; non è ubriaco, non si droga, ma possiede quella strana e ambigua euforia del malato di mente.

“E va bene, – dico – conosci delle puttane. Tutti conoscono delle puttane. È pieno di puttane.”

Il tizio sogghigna. Mi mette repulsione quel ghigno da procione. Quello squarcio sfinterico che gli si apre in quella testa ovale. Questo tipo mi dà sui nervi, ma voglio vedere dove andrà a parare.

Parliamo e intanto continuiamo a camminare.

“Io ne conosco che abitano qua. Citofono e si fanno scopare. Gratis.” Gesticola con le sue fastidiose e ossute corte dita.

“Allora andiamo, Tommy.” Do sempre un nome di fantasia a chi mi sta sul cazzo e con chi non ho voglia veramente di approcciarmi. Un nomignolo. Un appellativo che me li renda estranei e depersonalizzati. Ora questo stronzo per me è Tommy. Gli calza a pennello.

Ci dirigiamo verso la Galleria, dove incastrati tra le mura ci sono dei portoni. Citofoni con placche dorate e nomi in ghirigori. Chi abita qui deve possedere una cifra di pecunia. Va bene. Stiamo al gioco. Ma puzza la storia, e questo tipo è solo un ritardato e io mi sto innervosendo. Ho tempo da perdere, perdo sempre tempo ma non mi piace perderlo, il tempo.

Citofona, non risponde nessuno.

“Allora?” incalzo. “’Ste puttane?”

“Qua niente.” Dice. Quella voce da topo.

“Però forse qua.” Facciamo pochi metri. Mi sta salendo velocemente il sangue al cervello.

Citofona. Nulla.

“Mi stai prendendo per il culo?”

“Non so.”

“Come non so, RITARDATO DEL CAZZO. Come non so? Non sai se mi stai prendendo per il culo o non sai perché non connetti, perché sei solo un chiacchierone?”

Appoggio una mano sul portone, questo si apre, entro e mi tiro dietro il tizio. In giro nessuno.

“Vieni qua” gli ringhio addosso.

“Cosa?…”

“Cosa un CAZZO.”

Me lo trascino di fianco all’ascensore, vicino a un pianerottolo dove svetta una malaticcia pianta appoggiata su una vasca di grani marroni. Una chiarore giallo si irradia dall’alto da una plafoniera di ceramica istoriata con pavoni blu e ci bagna i corpi in angolature di luce appiccicosa.

Mi abbasso la cerniera e tiro fuori il cazzo, prendo la testa ricciuta di Tommy e l’abbasso sul glande, lui apre la bocca e comincia immantinente a leccare.

“Ciuccia, cazzone.” E con foga gli premo quella testa nera.

Tommy si dà da fare, mi lustra la minchia con passione, affoga la bocca nella mia erezione barzotta. Mi stupisce un po’ questa sua foga immediata, questa sua veemenza impulsiva, questa sua cieca e immediata brama di spompinamento. Forse un po’ anche mi spaventa. Perché in quella faccia, in quella bocca spalancata maldestramente per cercare di ingoiare per intero il mio cazzo, in quei minuscoli occhi socchiusi da insetto, ci vedo un dolore immane, graffiante, stordente. Lo stesso dolore, immagino, che è impresso nei miei occhi, scolpito in questa mia faccia e nella mia bocca, tatuato sul mio cazzo barzotto, in fase intermedia, mancato, fottuto.

Poi gli tiro i capelli e lo allontano; a lui sembra non bastare, rimane con la bocca aperta e mi guarda l’arnese con cupidigia.

“Stronzo, vattene!” gli urlo.

“Perché fai così?” quasi mi sibila, quella disperazione incubata nelle rughe dell’espressione stranita.

“Perché così è la vita, vai a divertirti, è capodanno.”

Esco dal portone.

Il sesso, come la rabbia e come il dolore è un animale indomabile. Una scheggia rovente. Un incubo che scalpita, a volte.

Perché mi sono fatto ciucciare il cazzo da questo cerebroleso?

Non lo so. Forse perché sono terribilmente furioso verso qualcosa che ancora non capisco. Forse la fine di qualcosa porta sempre a disastri inspiegabili.

È capodanno, dopotutto.

Brindiamo.

 

 

 

 

Illustrazione di Necrol Giacinto

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.